domenica 25 aprile 2010

IO HO CONOSCIUTO IL DR. MARK GREENE

All’interno dell’auto il silenzio era interrotto solo dal rumore dei pedali che i tuoi piedi agganciavano e rilasciavano nevroticamente.
I nostri sguardi correvano su rette parallele.
Vietato incrociarli.
Ancora pochi chilometri per giungere a destinazione.
Ancora poco, ma quella distanza era pari al fare il giro del mondo.
Respiravo piano.
Anzi trattenevo il respiro.
Difficile, visto il piccolo abitacolo, non sfiorarsi mentre con le mani ingranavi le marce che tutto erano, tranne che nunziali.
Ecco il ticchettio della freccia preannunciare l’arrivo. La fine?
Dovevo decidere in fretta se nello scendere avrei sbattuto la portiera o se sarei rimasta ancora qualche istante nella mia apnea.
L’impulso mi guiderà, pensai tra me.
L’auto si fermò con il motore acceso.
“Mi catapulterò fuori, senza voltarmi, ecco cosa farò”.
E nel mentre mi sparavo all’esterno, sentii qualcosa trattenermi…..accidenti, avevo dimenticato di togliermi la cintura di sicurezza. O la “divina provvidenza” mi invitava a riflettere contando fino a dieci?
Con il mio fare goffo ed impacciato feci scattare quel maledetto aggeggio e iniziai a contare ma al quattro i miei piedi erano già sul marciapiede e tre delle mie dita incastrate nello sportello ormai già lanciato nella corsa di ritorno.
Un dolore lancinante. Le lacrime scorrevano senza alcun controllo. Un guaito inumano mi si fermò nella gola.
Avevo rovinato tutto. Anche la scena dell’addio!

Dal set di un grande film d’amore dove mi immaginavo in una scena di quelle da filmone, ero finita su quello del tragico Rag. Fantozzi.
Poi la corsa. La folle corsa al pronto soccorso, col fazzoletto svolazzante appeso al tuo finestrino e il clacson che strombazzava stonato.
Finalmente la scritta “EMERGENCY”. Da sfigata eroina ferita ero giunta al pronto soccorso di E.R., tutta un’altra cosa, niente a che vedere coi nostri. Roba di altro mondo.
Fu lì che conobbi il mitico Dr. Mark Greene. Il referto non fu molto pesante e fu proprio lui, il Dr. Greene a rimettere a posto le mie dita. Ah, dimenticavo, da li a qualche puntata dopo, sarebbe sparito dalla serie televisiva. Non per colpa mia. Morto. Sarebbe televisivamente morto per un cancro!


Elisena

sabato 24 aprile 2010

Il mio infinito

Ti amo
da sempre nel tempo
e anche se nulla è eterno
io ti amerò
anche nel nulla.

Elisena



martedì 13 aprile 2010

SILENZIO

Rabbia
 impotenza e paura
emozioni scaturite nel tempo
dal tutto e dal niente
dilagano dalla mia bocca.
L’urlo è forte
Urlo così intensamente

 che l’arcobaleno si impasta
come nuvola nera e spegne il sole

 e fa tremare i petali di ogni fiore.
Lo tsunami dell’anima
divora le spiagge
spogliando a nudo ogni conchiglia.
Arrivi correndo richiamato dall’urlo
Arrivi correndo ma non freni il mio grido
Raccogli quel dolore privo di pianto
e col tuo amore ripaghi di luce
la naturale bellezza che ho sconvolto.
E crei il silenzio.
Elisena

 

lunedì 12 aprile 2010

FOTOGRAFIA

Ora sei parte dei miei pensieri 
che ideano la gestualità delle tue mani
il tuo portamento
un suono per la voce
e tante note per una risata.
Ora sei parte dei miei giorni
perché completi la mia felicità.
Amicizie di anime.
Anime amiche.
Ora sei nei miei pensieri
e posso solo descriverti

 con un provato sentimento
rivestito da luce di colori indelebili.

Elisena



domenica 11 aprile 2010

La scarpa.

E’ mattino.
La striscia continua divide l’asfalto.
L’uomo cammina sul bordo distratto.
I passi son lenti.
Le scarpe malridotte.
E’ un uomo di strada.
E’ un uomo che vive di notte.
Residui di cibo galleggiano nel vino
racchiusi in quella specie di botte.
Con passo traballante s’avvia alla tana
la barba è incolta

 i panni son sporchi
e la mente è lontana.
Le palpebre flosce

 l'alito appestato
e i denti cariati 

rivendicano un sorriso
abbandonato nel passato.
Giovani gli occhi del clochard consumato
che male deambula e cade sul selciato.
Il sole è già alto e acceca la vista
e forte è lo schianto che sorprende l’autista.
La barba era incolta

 i panni eran sporchi
ora il sangue ne lava i pidocchi.
Era una vita senza prezzo ed onore
era una vita da gettare in un secchio
la macchina invece

 costava parecchio.
E’ mattino.
La striscia continua divide l’asfalto.
Sul bordo giace una lacera scarpa
ultima traccia d'un randagio

 che camminava distratto.
Elisena


sabato 10 aprile 2010

La foglia ed il vento.

Solo cattive stelle
hanno illuminato le notti
di una bimba nata con la testolina
a foggia di luna piena.
Due grandi occhi sgranati verso il mondo.
Occhi ignari di quanta pochezza
lui avesse in serbo per lei.

Occhi grandi come oceani di tranquillità 

mai vissuta.
Ti sei rifiutata di crescere
per preservare la tua favola.
I tuoi conti non tornano mai.
Esteriori frivolezze e incomprensioni
ti inducono a giocare a nascondino col dolore.
Ho capito che amarti vuol dire
non soffiare contro il vento
perché il tuo rifugio è come foglia
unica imperturbabile imperfezione che ti ricopre
lasciandoti nuda 

sotto quella fragile veste.
 Elisena


Dedico queste poche frasi a mia sorella Tiziana.